Il pirata: Marco Pantani

Il mito di Pantani, un eroe d’altri tempi, capace di scalare le montagne come nessun altro e di vincere Giro d’Italia e Tour de France nello stesso anno


Purtroppo in questi giorni abbiamo appreso la notizia del decesso di Marco Pantani. In queste brevi righe non voglio soffermarmi ad additare od accusare qualcosa o qualcuno che ha avuto un peso in questa tragica vicenda, ma vorrei esclusivamente sottolineare e ricordare che cosa abbia Pantani per me, spero e credo anche per molti altri, in questi anni. Prima di tutto mi sono interessato al ciclismo solo quando è emersa la figura del “Pirata” perché era un atleta in grado di entusiasmare il pubblico come nessun altro, nonostante il ciclismo sia uno sport a volte stucchevole con molti momenti in cui non accade praticamente nulla. Ricordo gli scatti continui in salita del “Pirata”, capace di fare il vuoto dietro di lui, capace di scalare le montagne come nessun altro e di vincere Giro d’Italia e Tour de France nello stesso anno, scrivendo le pagine più importanti della storia del ciclismo di questi anni. Sì, Pantani è stato lo scalatore più forte di questo periodo e la ragione non è certo perché faceva uso di sostanze dopanti, qualora ciò fosse vero. D’altra parte è risaputo che a certi livelli nel ciclismo, in cui sovente vengono richiesti sforzi e doti atletiche inumane, praticamente tutti fanno ricorso a queste sostanze-integratori, la cui soglia fra lecito ed illecito è molto labile. Quindi più che rilevare una scorrettezza di Pantani io tendo ad identificare l’invidia di molti altri ciclisti sconosciuti, che hanno trovato nel “Pirata” un vero e proprio capro espiatorio. Non voglio usare un tono troppo assertivo poiché non credo di essere depositario della verità ma voglio porre ai gentili lettori questi quesiti, questi problemi aperti: come mai sono stati accusati di doping Pantani, Simoni e Garzelli, forse perché personaggi vincenti e quindi scomodi? Pantani, a differenza di altri corridori accusati di doping, è stato anche vittima di un vero e proprio linciaggio morale partito dai cosiddetti addetti ai lavori, gli atleti ed i critici del settore. Perché?
Il mio personale rammarico è notevole ed avrei voluto maggior rispetto e riconoscenza per un uomo, uno sportivo, simbolo dei valori fondanti del ciclismo. Chiudo ricordando la scelta di Achille, che preferì una vita breve ma gloriosa piuttosto che una vita lunga ma anonima, forse anche Pantani, consapevolmente, ad un certo punto della sua vita ha deciso di fare la stessa scelta di Achille, entrando così nella sfera del mito.




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