Il giorno dopo la finale degli Europei portoghesi molti giornalisti, anche italiani, di carta stampata anziché celebrare la vittoria della Grecia hanno preferito porre laccento sulla fine del bel gioco, sulla fine del calcio. Tutto perché ha vinto una squadra che gioca di rimessa e che non ha grandi campioni. Ed il punto è proprio in questultima parte della frase: ha vinto una squadra senza campioni. Pertanto che titoli potevano fare i giornalisti che non riuscivano ad identificare nessun eroe, nessuna impresa?
Si sarebbe preferito che vincesse una squadra blasonata, come Francia o Inghilterra, pensate che bei titoli, ma allora perché giocare, si potrebbe decidere le sorti di un torneo valutando le formazioni delle squadre sulla carta senza giocare in campo. Chi vince? Chi ha un maggior numero di campioni.
Da questo paradosso emerge che, invece, è proprio insito nel calcio non sapere chi vincerà e che non sempre, e per fortuna, vince la squadra più forte. Questa volta ha vinto la Grecia, grazie soprattutto alle forti motivazioni, che sono diventate la componente principale del calcio moderno. Viceversa molti campioni di altre squadre sono andati al torneo continentale non tanto per vincere quanto per sfilare in passerella e lanciare qualche nuova moda con qualche taglio di capelli forse particolare od originale, magari per ottenere uno spot pubblicitario per mettere qualche soldino in più nel salvadanaio, non si sa mai che il calcio fallisca tutto di un colpo e i poveri giocatori non beccano più un quattrino avranno pensato i più furbi di loro, o magari per ottenere un nuovo sponsor.
La realtà è che è cambiato il calcio: le motivazioni, laspetto tattico e il gioco in velocità, anche il contropiede, sono le peculiarità del calcio moderno e la chiave del successo.