L’Intuizione per Bergson


Henri Bergson filosofo francese della prima metà del novecento, pur essendosi opposto alla razionalità positivistica, non ha mai disconosciuto l’importanza dell’intelligenza come facoltà conoscitiva. Però la ritiene insufficiente per una conoscenza della realtà completa, perché l’intelligenza non può andare oltre alla percezione della realtà sensibile.
Ma il filosofo sottolinea un altro limite di questa facoltà, che deriva dal fatto che essa procede attraverso la cristallizzazione dei concetti, nel senso che, considerando per esempio il movimento, essa lo coglie nel suo istante di immobilità, che viene fissato con il concetto, ma non riesce a coglierne il fluire continuo (per esempio per il filosofo se ci limitassimo a definire il movimento razionalmente, si dovrebbe parlare di un passaggio da uno stato all’altro e lo “stato” indica appunto una condizione di staticità).
Attraverso l’intelligenza quindi non avremo mai “ una conoscenza interiore e metafisica del reale”, che possiamo invece raggiungere con altre facoltà, perché il nostro spirito “può installarsi nella realtà mobile, adottarne la direzione continuamente mutevole, coglierla, insomma, intuitivamente.” (L'evoluzione creatrice). Solo con l’intuizione quindi si potrà “ seguire la realtà in tutte le sue pieghe e… adottare il movimento stesso della vita interna delle cose.”
Questa facoltà “non ha nulla di misterioso” e per meglio descriverla il filosofo francese ricorre ad un esempio preso dalla letteratura: nonostante che l’autore abbia raccolto e studiato bene tutto l’argomento da trattare, tuttavia per la sua composizione ha bisogno di altro, cioè di “ collocarsi d'un tratto nel cuore stesso dell'argomento e per andare a cercare alla maggior profondità possibile un impulso a cui, in seguito, non occorrerà che abbandonarsi” e questo impulso lo condurrà ad una più profonda conoscenza della realtà. ( L'evoluzione creatrice)
Del reale noi abbiamo delle intuizioni che sono immediate e quindi fuggevoli, quasi fossero delle illuminazioni che ci fanno affiorare la realtà, per cui è importante che se ne impadronisca la filosofia, “ prima per conservarle in vita, e poi per ampliarle e accordarle tra loro”.
L’intelligenza e l’intuizione quindi procedono in modo diverso, ma finora per Bergson “l'intuizione è quasi completamente sacrificata all'intelligenza” , invece solo il pieno sviluppo di entrambe queste facoltà può condurre alla vera conoscenza .





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