Svolgimento del processo
La controversia concerne limpugnazione del silenzio rifiuto opposto dallamministrazione allistanza del contribuente che chiedeva il rimborso dellIRAP corrisposta per gli anni 1998, 1999, 2000 e 2001 in relazione alla propria attività di agente di commercio.
La Commissione adita rigettava il ricorso, ma la decisione era riformata in appello, con la sentenza in epigrafe, sul presupposto che limposta possa essere applicata solo laddove sussista (e nella specie, il giudice di merito negava che sussistesse in concreto) una "abituale organizzazione" di capitale, beni strumentali e prestazioni di terzi. <br>.Avverso tale sentenza lAgenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione con unico motivo, illustrato anche con memoria. Il contribuente non si è costituito.La causa è chiamata innanzi a queste Sezioni Unite in quanto la Quinta Sezione civile della Corte, riscontrata lesistenza di un contrasto di giurisprudenza interna alla Sezione sulla assoggettabilità ad IRAP dellattività svolta dallagente di commercio e dal promotore finanziario, con ordinanza n. 36 del 9 giugno 2008, rimetteva al Primo Presidente, perleventuale assegnazione alle Sezioni Unite, la questione, ritenuta anche di massima di particolare importanza, se i contribuenti le cui attività costituiscono "esercizio di impresa" ai sensi dellart. 2195 c.c. (come nel caso di specie quella di "agente di commercio") possano essere considerati"lavoratori autonomi professionali" e, quindi, essere assoggettati ad IRAP, solo qualora sia accertata una organizzazione autonoma della loro attività, ovvero se lo debbano essere, comunque, "ontologicamente", in relazione al fatto che svolgono una delle attività considerate dal richiamato art. 2195 c.c.. <br>
Motivazione <br>
- 1. Con lunico motivo di ricorso lAgenzia delle Entrate denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1742 e ss. c.c., art. 2195 c.c., L. n. 662 del 1996, art. 3, comma 144, D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2, 3, 8, 27 e 36. Ad avviso dellamministrazione ricorrente occorre chiedersi se, per lapplicabilità dellIRAP in relazione agli agenti di commercio eventualmente non organizzati in forma di impresa, sia comunque necessario laccertamento in fatto del presupposto della autonoma organizzazione, così come per i lavoratori autonomi: ed è questa, sinteticamente espressa, la questione che la Quinta Sezione civile ha sottoposto alla valutazione di queste Sezioni Unite.
A tale domanda, secondo la parte ricorrente dovrebbe darsi risposta
negativa. Non possono utilizzarsi, infatti, le conclusioni cui la
giurisprudenza era pervenuta con riferimento agli agenti di commercio in
merito allapplicazione dellILOR, in quanto tale imposta, pur essendo tra
quelle sostituite con lIRAP, aveva un diverso presupposto di imposizione,
essendo: a) la prima, una imposta di carattere patrimoniale, destinata a
colpire i redditi da capitale o quelli ad essi assimilabili con esclusione
dei redditi frutto esclusivo di attività lavorativa del soggetto, laddove
questultima sia esplicata senza un requisito minimo di imprenditorialità;
b) la seconda, una imposta a carattere reale, il cui presupposto è
costituito dallesercizio abituale di unattività autonomamente organizzata
diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di
servizi. Tale presupposto sarebbe ontologicamente presente nellattività
dellagente di commercio, il quale è un intermediario autonomo
dellimprenditore commerciale, riveste egli stesso la qualifica di
imprenditore commerciale, ausiliario dellimprenditore commerciale
preponente, al quale non è vincolato da subordinazione e su di lui ricade
il rischio economico e giuridico dellattività di promozione di contratti
per conto del preponente. Sottolinea, infine, la parte ricorrente che
lagente di commercio oltre ad essere iscritto nel Ruolo degli agenti di
commercio deve essere altresì iscritto al registro delle imprese, obbligo
riservato esclusivamente a chi svolge attività di natura commerciale.
2. Di fronte al problema posto dal ricorso, la posizione espressa dalla
Quinta Sezione civile di questa Corte non è stata univoca.
Pronunciando in ordine allattività del promotore finanziario la
Sezione, con la sentenza n. 3673 del 2007, ha cassato una sentenza, la quale
aveva accolto listanza del contribuente, affermando che limposta è dovuta
soltanto quando la combinazione di mezzi e persone prevalga sullapporto del
titolare, essendo tale da poter operare, e quindi produrre reddito,
indipendentemente dallattività personale di questultimo, sulla base del
seguente principio: In tema di IRAP, anche alla stregua
dellinterpretazione costituzionalmente orientata fornita dalla Corte
costituzionale con la sentenza n. 156 del 2001, lesistenza di unautonoma
organizzazione, che costituisce il presupposto per lassoggettamento ad
imposizione dei soggetti esercenti arti o professioni indicati dal D.P.R. 22
dicembre 1986, n. 917, art. 49, comma 1, esclusi i casi di soggetti inseriti
in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse,
non devessere intesa in senso soggettivo, come auto-organizzazione creata e
gestita dal professionista senza vincoli di subordinazione, ma in senso
oggettivo, come esistenza di un apparato esterno alla persona del
professionista e distinto da lui, risultante dallaggregazione di beni
strumentali e/o di lavoro altrui. Essa è riscontrabile ogni qual volta il
professionista si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui, o
impieghi nellorganizzazione beni strumentali eccedenti, per quantità o
valore, il minimo comunemente ritenuto indispensabile per lesercizio
dellattività, costituendo indice di tale eccedenza, fra laltro, lavvenuta
deduzione dei relativi costi ai fini dellIRPEF o dellIVA, ed incombendo al
contribuente che agisce per il rimborso dellimposta indebitamente versata
lonere di provare lassenza delle predette condizioni.
Sempre con riferimento alla medesima attività, la Sezione, con la
sentenza n. 8177 del 2007, ha affermato che: In tema di IRAP, anche alla
stregua dellinterpretazione costituzionalmente orientata fornita dalla
Corte costituzionale con la sentenza n. 156 del 2001, lassoggettamento ad
imposta dellattività di promotore finanziario postula una valutazione
complessiva dellattività svolta dal contribuente, la quale può assumere in
concreto connotati variabili tra la figura del lavoro subordinato
dipendente, esente da imposta, quella del lavoro autonomo, assoggettabile ad
imposta solo in presenza di unautonoma organizzazione, e quella
dellattività dimpresa, pacificamente sottoposta ad imposizione.
In tal modo si è evidenziata la necessità di procedere ad una
valutazione caso per caso.
Pronunciando in ordine alla attività di rappresentante di commercio, la
Sezione, con la sentenza n. 7899 del 2007, ha affermato che: In tema di
IRAP, lindagine circa lesistenza di una struttura organizzativa idonea a
realizzare un incremento potenziale della produttività derivante dalla mera
auto-organizzazione del lavoro personale si impone esclusivamente in
riferimento al lavoro autonomo professionale, nel quale la prestazione
personale del contribuente costituisce di regola lelemento essenziale
dellattività, che può ben essere esercitata anche in assenza di unautonoma
organizzazione: essa non è pertanto necessaria ai fini dellassoggettamento
ad imposizione dellattività di agente o rappresentante di commercio
(ancorchè operante in regime di contabilità semplificata), i cui redditi,
riferendosi ad unattività commerciale secondo la previsione dellart. 2195
cod. civ., sono per questa sola circostanza qualificabili come redditi
dimpresa. Emerge da queste pronunce una diversità di posizioni
interpretative che si muovono tra i due opposti poli della valutazione caso
per caso della situazione concreta del singolo agente di commercio o
promotore finanziario al quale si riferisca limposizione e della soggezione
tout court di tali soggetti allimposta per il solo fatto di esercitare una
delle attività ausiliarie indicate nellart. 2195 c.c..
La questione è, con tutta evidenza, una questione di massima di
particolare importanza, in ragione delle conseguenze che possono derivare
dal seguire luna o laltra ricostruzione del dato normativo.
3. La soluzione non può prescindere dalla interpretazione che della
natura e della ratio dellimposta ha dato la Corte costituzionale con la
sentenza n. 156 del 21 maggio 2001.
LIRAP è stata istituita in base alla Legge Delega n. 662 del 1996 (art.
3, comma 143, lett. a) come imposta a carattere reale da applicare in
relazione allesercizio di una attività organizzata per la produzione di
beni o servizi, nei confronti degli imprenditori individuali, delle società,
degli enti commerciali e non commerciali, degli esercenti arti e
professioni, dello Stato e delle altre amministrazioni pubbliche. La base
imponibile è determinata in base al valore aggiunto prodotto nel territorio
regionale, con modalità diverse a seconda dei soggetti incisi (art. 3,
comma 144, lett. a, b e c).
Allattuazione della delega ha provveduto il D.Lgs. n. 446 del 1997, il
quale prevede che limposta, a carattere reale e indeducibile ai fini delle
imposte sui redditi (art. 1), abbia come presupposto, laddove non si tratti
di attività esercitata dalle società e dagli enti, compresi gli organi e le
amministrazioni dello Stato (ipotesi in cui limposta si applica in ogni
caso), lesercizio abituale di una attività autonomamente organizzata
diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di
servizi (art. 2, come modificato dal D.Lgs. n. 137 del 1998, art. 1, comma
1).
Tra i soggetti incisi dallimposta sono collocate le persone fisiche, le
società semplici e quelle ad esse equiparate a norma del D.P.R. n. 917 del
1986, art. 5, comma 3, esercenti arti e professioni di cui allart. 49,
comma 1, medesimo Decreto (art. 3, comma 1, lett. c), ossia i lavoratori
autonomi, la categoria di contribuenti rispetto alla quale è apparsa più
discutibile la identificazione dei requisiti per lapplicabilità
dellimposta e più marcato il possibile contrasto della imposta stessa con i
principi costituzionali di uguaglianza, di capacità contributiva e di tutela
del lavoro, tanto da determinare lintervento della Corte costituzionale.
4. Il giudice delle leggi, con la sentenza n. 156 del 2001, ha sancito
la legittimità costituzionale dellimposta osservando che lIRAP non è
unimposta sul reddito, bensì unimposta di carattere reale che colpisce ...
il valore aggiunto prodotto dalle attività autonomamente organizzate,
sicchè non riguardando la normativa denunciata la tassazione dei redditi
personali, le censure (di illegittimità costituzionale) riferite
allasserita equiparazione del trattamento fiscale dei redditi di lavoro
autonomo a quello dei redditi di impresa risultano fondate su un presupposto
palesemente erroneo. A giudizio della Corte costituzionale,
lassoggettamento allimposta in esame del valore aggiunto prodotto da ogni
tipo di attività autonomamente organizzata, sia essa di carattere
imprenditoriale o professionale, è daltro canto pienamente conforme ai
principi di eguaglianza e di capacità contributiva - identica essendo, in
entrambi i casi, lidoneità alla contribuzione ricollegabile alla nuova
ricchezza prodotta - nè appare in alcun modo lesivo della garanzia
costituzionale del lavoro: tuttavia, se lelemento organizzativo è
connaturato alla nozione stessa di impresa, altrettanto non può dirsi per
quanto riguarda lattività di lavoro autonomo, ancorchè svolta con carattere
di abitualità, nel senso che è possibile ipotizzare unattività
professionale svolta in assenza di organizzazione di capitali o lavoro
altrui.
Ciò non determina lillegittimità dellimposta, ma solo la sua
inapplicabilità nel caso di una attività professionale che fosse svolta in
assenza di elementi di organizzazione - il cui accertamento, in mancanza di
specifiche disposizioni normative, costituisce questione di mero fatto,
perchè risulterà mancante il presupposto stesso dellimposta sulle attività
produttive, per lappunto rappresentato, secondo lart. 2 (D.Lgs. n. 446 del
1997, come modificato dal D.Lgs. n. 137 del 1998, art. 1, comma 1),
dallesercizio abituale di unattività autonomamente organizzata diretta
alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi.
5. Seguendo le linee tracciate dalla Consulta - la cui sentenza
dichiarativa dellinfondatezza della questione (di illegittimità
costituzionale dellIRAP), pur non essendo vincolante per il giudice
chiamato successivamente ad applicare quella norma, rappresenta, per
lautorevolezza della fonte da cui proviene, un fondamentale contributo
ermeneutico, che non può essere disconosciuto senza valida ragione (v.
Cass. n. 5747 del 2007) -, la Quinta Sezione civile della Corte di
Cassazione ha affermato il principio, che il Collegio condivide, secondo cui
lesercizio delle attività di lavoro autonomo di cui al D.P.R. 22 dicembre
1986, n. 917, art. 49, comma 1, (nella versione vigente fino al 31 dicembre
2003) e allart. 53, comma primo, medesimo D.P.R. (nella versione vigente
dal 1 gennaio 2004) è escluso dallapplicazione dellimposta soltanto
qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata. Il requisito
dellautonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di
merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato,
ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il
responsabile dellorganizzazione, e non sia quindi inserito in strutture
organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi
beni strumentali eccedenti, secondo lid quod plerumque accidit, il minimo
indispensabile per lesercizio dellattività in assenza di organizzazione,
oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui. Costituisce
onere del contribuente che chieda il rimborso dellimposta asseritamente non
dovuta dare la prova dellassenza delle predette condizioni (Cass. n. 3676
del 2007).
Questo orientamento coglie e valorizza lelemento distintivo che il
giudice delle leggi ha tracciato, nella ricordata sentenza n. 156 del 2001,
tra lattività di lavoro autonomo che abbia i requisiti di "organizzazione"
per essere legittimamente incisa dallimposta e lattività di lavoro
autonomo che tali requisiti non abbia: e cioè lorganizzazione di capitali
o lavoro altrui. Tuttavia, poichè la Corte costituzionale ha anche
distinto, ai fini dellapplicazione dellimposta, tra "impresa", nella quale
lelemento organizzativo sarebbe connaturato, e "lavoro autonomo",
rispetto al quale sarebbe necessario un accertamento caso per caso
dellesistenza di una autonoma organizzazione, resta ineludibile, per la
soluzione del problema che qui interessa, accertare in base a quali criteri
si possa dire che un determinato soggetto, rispetto al quale debba essere
applicata limposta, sia definibile un "imprenditore" e quando un
"lavoratore autonomo".
Invero, da un lato, il giudice delle leggi non definisce quando vi sia
"impresa" e, dallaltro, solo lattività esercitata dalle società e dagli
enti, compresi gli organi e le amministrazioni dello Stato, costituisce in
ogni caso presupposto di imposta (D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2, comma 1,
secondo periodo), in quanto per le persone fisiche la soggezione allimposta
è subordinata allesercizio abituale di una attività autonomamente
organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla
prestazione di servizi (art. 2, comma 1, primo periodo, del citato
decreto). Orbene, poichè la persona fisica può svolgere le attività
predette, sia come imprenditore individuale, sia come lavoratore autonomo,
purchè ne risultino accertate le relative condizioni, diventa essenziale
verificare quale sia, tra il polo dellimpresa e il polo del lavoro
autonomo, la collocazione dellesercizio delle attività ausiliare di cui
allart. 2195 c.c., nel cui quadro si collocano tanto lagente di commercio,
quanto il promotore finanziario.
6. In questa direzione non soccorre la nozione civilistica di
"imprenditore" e di "lavoratore autonomo", perchè su questo piano
"imprenditore" è una categoria soggettiva, mentre "lavoratore autonomo" è
una qualifica contrattuale", senza che tra luna e laltra possa darsi
incompatibilità, ben potendo il "lavoratore autonomo" essere un
"imprenditore". Diversa sembrerebbe essere la situazione se si fa
riferimento alla "nozione tributaria" di "imprenditore" e di "lavoratore
autonomo" che emerge dal D.P.R. n. 917 del 1986, artt. 49 e 51, (nel testo
anteriore alla riforma del 2004, oggi artt. 53 e 55).
Nel quadro della disciplina del Testo Unico sulle imposte dirette, il
lavoro autonomo appare una nozione residuale, intendendosi per reddito di
lavoro autonomo quel che non è reddito di lavoro dipendente (art. 46), nè
reddito di impresa (art. 51), nè reddito agrario (art. 29). Lart. 49, comma
1, dispone, infatti: sono redditi di lavoro autonomo quelli che derivano
dallesercizio di arti e professioni. Per esercizio di arti e professioni si
intende lesercizio per professione abituale, ancorchè non esclusiva, di
attività di lavoro autonomo diverse da quelle considerate nel capo 6^ (il
quale disciplina i redditi di impresa). Lart. 51, comma 1, a sua volta
dispone: Sono redditi dimpresa quelli che derivano dallesercizio di
imprese commerciali. Per esercizio di imprese commerciali si intende
lesercizio per professione abituale, ancorchè non esclusiva, delle attività
indicate nellart. 2195 c.c. e delle attività indicate allart. 29, comma 2,
lett. b) e c) che eccedono i limiti ivi stabiliti, anche se non organizzate
in forma dimpresa. La formulazione normativa indica chiaramente che il
legislatore, ai fini delle imposte sul reddito, ha dato rilevanza
esclusivamente ad un profilo qualitativo, includendo nel reddito di impresa
lesercizio di tutte quelle attività che abbiano natura oggettivamente
commerciale, senza tener conto del profilo quantitativo, cioè proprio della
dimensione organizzativa dellattività, nella quale deve essere valutato il
"peso" del lavoro personale del soggetto, che quellattività svolge,
sullimpiego del capitale e sullutilizzazione del lavoro altrui: tanto non
sorprende, se si prende in considerazione la circostanza che il citato art.
51 considera le attività indicate dallart. 2195 c.c. produttive di reddito
di impresa anche se non organizzate in forma dimpresa.
Ma a quel che è stabilito per le imposte sul reddito non può essere
riconosciuta una efficacia condizionante ai fini dellinterpretazione di
imposte, come è lIRAP, che rispondono ad altri criteri e ad una diversa
ratio impositiva.
7. Del resto, lesigenza di radicare nellordinamento tributario una più
rassicurante distinzione tra "impresa" e "lavoro autonomo" è stata
individuata dal giudice delle leggi fin dalla sentenza n. 42 del 1980, con
la quale veniva dichiarata costituzionalmente illegittima la sottoposizione
ad ILOR dei redditi di lavoro autonomo non assimilabili ai redditi di
impresa. Allepoca, facendo riferimento al D.P.R. n. 597 del 1973, art. 51,
il cui contenuto non era dissimile da quello dellart. 51 T.U.I.R. (nella
formulazione antecedente la riforma del 2004), la Corte costituzionale
affermava: allo stato attuale dellordinamento tributario, che non può
essere diversamente articolato dalla Corte stessa, la distinzione fra i
redditi di lavoro e i redditi dimpresa dovrà essere operata alla stregua
del D.P.R. n. 597 del 1973, art. 51: dal quale già risulta un ampliamento
della nozione dimpresa, rispetto ai criteri adottati nel codice civile. Ma
esprimeva la propria insoddisfazione per lo status quo, sostanzialmente
suggerendo al legislatore di stabilire nei limiti della ragionevolezza -
ulteriori criteri, specificativi di quelli dettati dallart. 51.
Allorchè tornò ad occuparsi della legittimità costituzionale dellILOR
proprio relativamente ai soggetti che svolgono le attività ausiliarie
indicate nellart. 2195 c.c., come gli agenti di commercio, la Corte
costituzionale, verificata la mancata realizzazione dellinvito già rivolto
al legislatore - pur ribadendo di non essere abilitata ad introdurre nella
materia dellimposta locale sui redditi - mediante pronunce di accoglimento
parziale - nuove classificazioni dei tipi di reddito, interne rispetto a
quelle operate o comunque considerate dalla legislazione tributaria - non
poteva esimersi dal rilevare la peculiarità della fattispecie. Così essa
affermò che in presenza di "attività ausiliarie" come quella dei
rappresentanti di commercio senza deposito, degli agenti di commercio, degli
artigiani, dei procacciatori daffari in campo assicurativo, si rende ancor
più necessario, soprattutto ai fini dellimposta locale sui redditi,
verificare preliminarmente se ricorrano o meno i requisiti minimi perchè si
possa realmente parlare dimpresa, e non invece, di lavoro autonomo, onde
evitare che la capacità contributiva correlata allILOR, sia presunta, nelle
singole ipotesi, indipendentemente da ogni fondamento effettuale: e ne
affidava il compito alla interpretazione della concreta fattispecie da parte
del giudice di merito.
La strada non è diversa per quanto riguarda lIRAP, la quale, pur
essendo una imposta diversa dallILOR, presuppone, comunque e soprattutto
alla luce delle indicazioni emergenti dalla sentenza n. 156 del 2001 della
Corte costituzionale, che il lavoro autonomo possa essere legittimamente
inciso solo qualora vi sia organizzazione di capitali o lavoro altrui,
ossia quando vi sia un quid pluris che ecceda il lavoro personale di colui
che svolge lattività di riferimento.
8. Orbene, tenuto conto che la Corte costituzionale ha più volte
affermato che le presunzioni tributarie non sono di per sè illegittime, ma
debbono fondarsi su "indici concretamente rivelatori di ricchezza" ovvero su
"fatti reali", quandanche difficilmente accertabili, affinchè limposizione
non abbia una "base fittizia" (v. Corte cost. n. 42 del 1980), deve
prendersi atto che esiste tra il "territorio dellimpresa" e il "territorio
del lavoro autonomo"
unarea grigia, una linea mobile di confine, rappresentata dallo
svolgimento delle attività ausiliarie di cui allart. 2195 c.c., le quali,
pur essendo ai fini delle imposte sul reddito considerate produttive di
reddito dimpresa, possono essere (e spesso sono) svolte dal soggetto senza
organizzazione di capitali o lavoro altrui. Se, infatti, si considerassero
ai fini IRAP queste attività tout court "attività di impresa", limposta non
troverebbe corrispondenza nella sua ratio, e finirebbe per colpire una "base
fittizia", un "fatto non reale", in contraddizione con una interpretazione
costituzionalmente orientata del presupposto impositivo. Non è, infatti, la
oggettiva natura dellattività svolta ad essere alla base dellimposta, ma
il modo - autonoma organizzazione - in cui la stessa è svolta, ad essere la
razionale giustificazione di una imposizione sul valore aggiunto prodotto,
un quid che eccede il lavoro personale del soggetto agente ed implica
appunto lorganizzazione di capitali o lavoro altrui: se ciò non fosse, e
il lavoro personale bastasse, limposta considerata, non solo non sarebbe
vincolata allesistenza di una autonoma organizzazione, ma si
trasformerebbe inevitabilmente in una sostanziale "imposta sul reddito".
9. Daltro canto la legge non esige lesistenza di una particolare
struttura per lo svolgimento dellattività dellagente di commercio e del
promotore finanziario.
Secondo la legge regolatrice lattività di agente di commercio si
intende esercitata da chiunque venga stabilmente incaricato da una o più
imprese di promuovere la conclusione di contratti in una o più zone
determinate (L. n. 204 del 1985, art. 1, comma 1). In modo non dissimile si
esprime la Direttiva comunitaria n. 86/653/CEE secondo la quale per agente
commerciale si intende la persona che, in qualità di intermediario
indipendente, è incaricata in maniera permanente di trattare per unaltra
persona, qui di seguito chiamata preponente, la vendita o lacquisto di
merci, ovvero di trattare e di concludere dette operazioni in nome e per
conto del preponente (art. 1, comma 2). Si tratta di una attività
professionale (terminologia utilizzata nella direttiva europea) consistente
in una prestazione dopera per lesercizio della quale non è necessitata una
struttura dimpresa, nè valgono a supportare una "presunzione" in questo
senso nè lassunzione del rischio per la conclusione del contratto
(peraltro, il "rischio" non è elemento normativamente considerato nè dalla
legge nazionale, nè dalla direttiva europea), nè il pagamento a provvigione
(che può, daltro canto essere strutturato anche in una parte fissa ed una
parte variabile): entrambi gli elementi attengono alla modalità della
"retribuzione" e al legame che viene stabilito dalle parti tra
lobbligazione assunta e il risultato conseguito. Ma ciò non determina
necessariamente la trasformazione dellattività professionale in attività di
impresa, come non lo determinata lobbligatorietà delliscrizione in un
determinato ruolo (tenuto presso le Camere di Commercio, L. n. 204 del 1985,
art. 2, comma 2, e D.M. 21 agosto 1985), previsione non dissimile
dalliscrizione ad albi per lo svolgimento di altre specifiche attività
professionali e che, comunque, non può, nel caso di specie, determinare,
pena il conflitto con la ricordata direttiva europea, la nullità di un
contratto concluso da un soggetto non iscritto (Corte Giustizia Europea,
sentenza Bellone del 13 luglio 2000, C-456/98, e sentenza Caprini del 6
marzo 2003, C-485/01).
Non dissimile è la situazione del promotore finanziario, il quale è
definito dalla legge come la persona fisica che, in qualità di agente
collegato ai sensi della direttiva 2004/39/CE (ossia persona fisica o
giuridica che, sotto la piena e incondizionata responsabilità di una sola
impresa di investimento per conto della quale opera, promuove i servizi di
investimento e/o servizi accessori presso clienti o potenziali clienti,
riceve e trasmette le istruzioni o gli ordini dei clienti riguardanti
servizi di investimento o strumenti finanziari, colloca strumenti finanziari
e/o presta consulenza ai clienti o potenziali clienti rispetto a detti
strumenti o servizi finanziari), esercita professionalmente lofferta fuori
sede come dipendente, agente o mandatario (D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 31,
comma 2, come sostituito dal D.Lgs. n. 164 del 2007, art. 6). E anchegli,
alla stregua di altri professionisti è iscritto ad un apposito albo (D.Lgs.
n. 58 del 1998, art. 31, comma 4, come sostituito dalla L. n. 262 del 2005,
art. 14,: albo tenuto dal 1 gennaio 2009, dallOrganismo per la tenuta
dellAlbo unico dei promotori finanziari, sulla base del regolamento CONSOB
n. 16190 del 2007, artt. 91 ss.).
10. Pertanto, anche con riferimento allagente di commercio e al
promotore finanziario (questultimo per lipotesi che lo stesso non sia un
"lavoratore dipendente", come è possibile che egli sia alla luce del D.Lgs.
n. 58 del 1998, art. 31, comma 2) deve essere ribadito il principio che la
soggezione ad IRAP della loro attività è possibile solo nellipotesi nelle
quali sussista il requisito dellautonoma organizzazione che costituisce
accertamento di fatto spettante al giudice di merito e non censurabile in
sede di legittimità se congruamente motivato.
Deve essere quindi affermato il seguente principio di diritto: In tema
di IRAP, a norma del combinato disposto del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 44,
art. 2, comma 1, primo periodo, e art. 3, comma 1, lett. c), lesercizio
delle attività di agente di commercio, di cui alla L. n. 204 del 1985, art.
1, e di promotore finanziario di cui al D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 31,
comma 2, è escluso dallapplicazione dellimposta soltanto qualora si tratti
di attività non autonomamente organizzata. Il requisito dellautonoma
organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è
insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre
quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile
dellorganizzazione, e non sia quindi inserito in strutture organizzative
riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni
strumentali eccedenti, secondo lid quod plerumque accidit, il minimo
indispensabile per lesercizio dellattività in assenza di organizzazione,
oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui. Costituisce
onere del contribuente che chieda il rimborso dellimposta asseritamente non
dovuta dare la prova dellassenza delle predette condizioni.
11. Nel caso di specie, tale accertamento è stato condotto dal giudice
di merito il quale è giunto alla conclusione che il contribuente risulta
esercitare lattività di rappresentante di commercio con lesclusivo apporto
del proprio impegno, senza lausilio di rilevanti mezzi specifici, di
capitali e/o prestazioni lavorative di terzi, situazione peraltro non
contestata dallUfficio. Tale accertamento di fatto non è oggetto di
censura nel ricorso nel quale si sostiene esclusivamente la soggezione
ontologica dellagente di commercio allimposizione sul valore aggiunto
prodotto.
Pertanto il ricorso deve essere rigettato. La novità della questione
giustifica la compensazione delle spese della presente fase del giudizio.
P.Q.M. - la Corte Suprema di Cassazione
Rigetta il ricorso. Compensa le spese.