Settimana di lavoro fino a 65 ore

Ue: “No alla settimana di lavoro fino a 65 ore”. Il parlamento europeo ha respinto la proposta di portare la settimana di lavoro nell’Ue fino a 65 ore


Il parlamento europeo ha respinto la proposta di portare la settimana di lavoro nell’Ue fino a 65 ore. Secondo la notizia Ansa “tutti gli emendamenti sono stati approvati con una maggioranza superiore ai 393 voti richiesti, essendo il provvedimento in seconda lettura. Quello determinante, passato con 421 sì, 273 no e 11 astensioni e accolto da un applauso dagli eurodeputati, stabilisce che l'orario settimanale è di 48 ore “.
Accanto ad un sentimento di soddisfazione si impongono comunque alcune riflessioni, derivanti anche dal timore che direttive di tal misura si possano riproporre.
Innanzitutto, come è già stato detto da altri, l' estensione dell' orario di lavoro settimanale fino a 60/65 ore sarebbe stato uno dei classici casi in cui si utilizza il parlamento dell' Unione europea per far approvare provvedimenti altrimenti improponibili nei vari paesi nazionali.
Inoltre una tale direttiva sarebbe stata un attacco ai principi giuridici che hanno difeso finora i lavoratori europei dal supersfruttamento e avrebbe invalidato decenni di lotte anche sindacali per poi tornare indietro di 90 anni, magari vanificando quelle conquiste sociali che hanno permesso alla gente "di lavorare per vivere a non più vivere per lavorare", come ha detto il relatore dell'Assemblea, lo spagnolo Alejandro Cercas. Non dobbiamo dimenticare infatti che al di là del lavoratore esiste un individuo, la cui vita affettiva e personale non deve essere sacrificata da quella lavorativa.
Essere troppo stakanovisti non vuol dire inoltre fare necessariamente i propri interessi e quelli dell'azienda. Alla quantità si deve infatti privilegiare la qualità: bisogna imparare a rendere di più, lavorando “meglio” , ottimizzando i tempi ed i costi e cercando di ottenere un equilibrio tra le energie richieste per un lavoro e il compenso ed è necessario arrivare ad un’equa distribuzione del tempo lavorativo e di quello dedicato alla famiglia e al soddisfacimento dei propri bisogni.
Per questo motivo proprio in questo momento di grave crisi bisogna evitare che questa congiuntura diventi l’alibi per far passare provvedimenti che possano ledere non solo i diritti fondamentali ed inalienabili della persona, ma soprattutto comprometterne gravemente la qualità della vita.









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